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Accordi e Disaccordi

Quanto si potrebbe dire sulla giustizia? Infiniti volumi sono stati scritti, sin dai tempi delle prime civiltà capaci di scrivere. Per questo primo articolo del Blog di Radi(o)azione vorremmo trattare l’argomento in modo quanto più esaustivo, senza trasformaci in appunti universitari pronti per l’esame di Diritto Pubblico.

In modo semplice, possiamo dire che la giustizia si pone come soluzione ad un disaccordo tra parti. Essa è incarnata da soggetti istituzionali precisi (le Autorità Giudiziarie) e viene invocata come “senso” dalle persone comuni (che in genere subiscono un torto reale o presunto). Base essenziale alla giustizia è la presenza conclamata e dichiarata di diritti in capo agli individui, riconosciuti da fonti del diritto consuetudinario e scritto. Dove o qualora un diritto venisse negato o leso, la giustizia si pone l’obiettivo di ripristinare la situazione precedente alla violazione.

Inutile fare i populisti dell’ultima ora: sappiamo che, in Italia, la giustizia è percepita come lenta, inefficiente e, paradossalmente, ingiusta. È innegabile che in questa percezione ci siano elementi fattuali che la rafforzino. Tuttavia, dobbiamo porci l’obiettivo di andare oltre questa retorica, focalizzandoci sulle esperienze, sulle prassi e sulle conoscenze di persone che, in prima persona, hanno contribuito a smentire tale percezione con le proprie azioni.

Queste persone saranno autori e autrici di approfondimenti che saranno pubblicati periodicamente sul nostro blog e tratteranno nel modo più esteso possibile dell’argomento giustizia, con focus sulla “giustizia riparativa” e “supporto alle vittime di reato”.

Noi, qui, ci limiteremo a fare brevi cenni introduttivi agli argomenti.

 

Giustizia riparativa

Prima cosa: giustizia riparativa non è sinonimo di risarcimento, né, tantomeno, di vendetta o ritorsione.

Quante volte si è sentito chiedere, alla vittima di turno intervistata alla tv o alla radio, “Che cosa si aspetta dal processo?” e quante volte la risposta è perentoriamente stata “voglio solo giustizia”?

Ogni volta, direte voi lettori. E avrete detto bene.

Vi siete mai soffermati a capire cosa realmente intenda la vittima quando dà quella risposta? Anche a voi, quella risposta, sembra un modo più educato di dire “vorrei che l’autore del reato che mi ha ferito, umiliato, violato, venisse punito abbastanza da farmi sentire soddisfatto”? “Vorrei essere vendicata”?

Se la risposta è sì, vi chiediamo un po’ di concentrazione per leggere quanto segue, cercheremo di far chiarezza sui concetti. Se la vostra risposta è no, continuate lo stesso a leggere. 

All’inizio della pagina si diceva che dove c’è giustizia, precedentemente c’è stato un disaccordo. Quest’ultimo esiste, appunto, tra autore e vittima di reato. La giustizia interviene per ripristinare una situazione di equilibrio tra le parti, condannando il colpevole ad una pena commisurata al reato (che non sempre dovrebbe equivalere al carcere, attenzione!).

La giustizia riparativa vuole andare oltre.

Il suo obiettivo principale è reimpostare il senso di sicurezza della vittima, che essa può aver perso nel momento in cui un suo diritto individuale è stato violato. Pensate a chi ha subito un furto in casa, la comprensione del senso di sicurezza perduto sarà immediata dato che ognuno di noi percepisce come inviolabile e luogo sicuro la propria abitazione.

La giustizia riparativa si contrappone ad un sistema esclusivamente ritorsivo, in cui basta la punizione per poter dire “giustizia è stata fatta”. Un sistema così impostato non considera la persona vittima come parte attiva del processo. Piuttosto, viene considerata come soggetto passivo le cui pretese e sofferenze causate dal reato si esauriscono con l’inflizione della pena. Ma è davvero così? Pensiamo alle persone che subiscono violenza (di genere o di qualunque altro tipo). È davvero realistico pensare che con la fine del processo e l’emissione della condanna, termini anche la sofferenza o che la situazione sia stata effettivamente ripristinata alla condizione pre-reato? Naturalmente, sappiamo tutti quanto le conseguenze sull’esistenza di queste vite siano pesanti e durature e quanto sia necessario provvedere ad un sostegno mirato.

Eccoci allora arrivati al punto: in cosa consiste questa nuova forma di giustizia? La giustizia riparativa è un modo alternativo di vedere le cose, è percorso, un percorso a tappe che coinvolge tutte le parti in causa: offender, vittima e società. Considera il reato non solo come un’infrazione ad una norma, ma piuttosto per la conseguente frattura nelle relazioni tra le persone coinvolte e la comunità.

Non a caso, in inglese, giustizia riparativa è restorative justice, letteralmente “giustizia che ricuce”. Ed è proprio questo il suo obiettivo principale: ricucire gli strappi che il reato ha creato.

 

Ecco perché…

 Permette alla vittima di avere risposte da chi l’ha ferita, di riacquisire gradualmente il senso di sicurezza e di controllo e perché no, anche di accettare di perdonare.

Permette all’autore di assumersi le proprie responsabilità e di chiedere perdono, mettendo in atto comportamenti nuovi e riparativi.

Permette alla comunità di ricreare opportunità di sostegno, inclusione e solidarietà vera verso chi ha subito un torto e verso chi vuole davvero riconciliarsi.

 

Hey, wait a sec…

Ma tu cosa ne pensi?

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